UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI GAETA 
 
    Giudice di Pace Avv. Maria Sabrina Scappaticcio,  sciogliendo  la
riserva  in  ordine  alla  questione  pregiudiziale  di  legittimita'
costituzionale   dell'art.   159   c.p.,   sollevata   dalla   difesa
dell'imputato, nella parte in cui prevede la  sospensione  del  corso
della prescrizione, anche in presenza delle condizioni  di  cui  agli
artt. 71 e 72 c.p.p., nel procedimento penale n. 9/07 a carico di  G.
E.M, su querela sporta da F.I., ha emesso la seguente ordinanza 
    1 - Va premesso: 
        che a seguito di querela sporta da  F.I.  in  data  20.09.04,
presso i CC di Formia, nei confronti di F. A. e G. E.M. per  i  reati
di violazione di domicilio e danneggiamento, veniva emesso decreto di
citazione a giudizio, in data 16.09.05, dai CC  di  Formia  a  carico
degli imputati, chiamati a rispondere del reato di cui  all'art.  635
c.p., «per avere in concorso tra loro danneggiato  alcuni  alberi  di
F.I., spezzandone i rami  e  versando  alle  basi  di  esse  sostanze
essiccanti»; 
        che all'udienza del 19.12.05 la difesa dell'imputato eccepiva
la  nullita'  del  decreto  di  citazione  a  giudizio,   in   quanto
sottoscritto dall'Ufficiale di P.G. e non  dal  P.M.  come  stabilito
dall'art.4, comma 3 e 4 del decreto legislativo n. 144/05 cosi'  come
convertito dalla legge n. 155/05 e  chiedeva  la  restituzione  degli
atti al P.M.; 
        che  questo  giudice,  in  accoglimento   dell'eccezione   di
nullita' del decreto, sul presupposto che la  nuova  normativa  aveva
modificato l'art. 20 del  decreto  legislativo  n.  274/00  ed  aveva
stabilito che «il P.M. cita l'imputato davanti al giudice di  pace  e
la citazione deve essere sottoscritta a pena di nullita' o dal P.M. o
dall'assistente giudiziario» e che la nuova  legge  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale n. 177 del 01.08.05,  era  entrata  in  vigore  il
giorno successivo, ovvero il 02.08.05, mentre il  decreto  era  stato
emesso il 16.09.05, da Autorita' ormai incompetente per legge; 
        che il Procuratore della Repubblica presso  il  Tribunale  di
Latina, aveva proposto ricorso avverso la  declaratoria  di  nullita'
del decreto di citazione a giudizio sul presupposto che il P.M. aveva
autorizzato la citazione in epoca antecedente all'entrata  in  vigore
della nuova normativa e che il problema investiva un notevole  numero
di procedimenti penali ed era quindi necessario il ricorso al fine di
evitare la regressione di essi alla fase delle indagini preliminari; 
        che con sentenza  n.11/07  la  Suprema  Corte  di  Cassazione
accoglieva il ricorso, ritenendo illegittima  la  restituzione  degli
atti al P.M., essendoci stata all'autorizzazione alla citazione prima
della modifica legislativa, anche  se  l'emissione  del  decreto  era
stata successiva; 
        che veniva disposta la trasmissione del fascicolo al  giudice
di pace per ulteriore corso del giudizio; 
        che con  ordinanza  depositata  il  19.03.07  veniva  fissata
l'udienza di comparizione delle parti; 
        che all'udienza del 20.10.09 la difesa dell'imputata G.  E.M.
depositava certificato medico attestante lo stato  fisico  e  mentale
dell'imputata; 
        che,  acquisita  la  documentazione   medica   al   fascicolo
dibattimentale, emergeva che la G. era affetta da  patologia  che  la
rendeva incapace a partecipare coscientemente al  processo,  per  cui
veniva disposta una perizia medico legale per  la  valutazione  della
sussistenza della dedotta incapacita'; 
        che la consulenza medica e l'escussione in  udienza  del  CTU
evidenziavano l'incapacita' dell'imputata di intendere e di volere  a
partecipare  al  processo,  rilevando   pero'   l'impossibilita'   di
retrodatare la comparsa della patologia rispetto alla  documentazione
allegata dalla periziata, documentazione risalente al 17.11.05; 
        che il CTU precisava che la G. era «incapace  di  partecipare
coscientemente al processo in oggetto oggi e in  futuro,  essendo  la
patologia psichica inemendabile e di sicuro peggioramento; l'imputata
non  e'  in  grado  di  comprendere  la  situazione  processuale   di
interagire con la scena processuale»; 
        che stante tale quadro patologico, all'udienza  del  18.01.10
veniva disposta ai sensi  dell'art.  71  c.p.p.  la  sospensione  del
processo  nei  confronti  dell'imputata  e  nominato  quale  curatore
speciale F. A.; veniva disposta anche  la  separazione  del  processo
contro  l'imputato  F.A.,  per  il  quale  si  svolgeva  regolarmente
l'istruttoria e si concludeva con sentenza  di  assoluzione  ex  art.
530, II° comma, c.p.p., «perche' il fatto non sussiste»; 
        che in data 30.01.12, ai sensi dell'art.  72  c.p.p.,  veniva
espletata una nuova perizia  ed  in  quella  sede  il  consulente  si
avvaleva anche di due ausiliari, uno specialista psichiatrico ed  uno
psicologo; 
        che la perizia confermava il grave decadimento  cerebrale  su
base organico vascolare dell'imputata e l'incapacita' di  partecipare
coscientemente al processo e rappresentava anche che lo psicologo non
era stato  in  grado  di  somministrare  i  tests  psico-diagnostici,
essendo  presente  una  incapacita'  di  comprendere   ed   elaborare
contenuti dialogici anche i piu' elementari e che  per  la  patologia
psicoorganica la G. era risultata incapace di rispondere alle domande
formulate e di interpretarne i contenuti.  Incapacita'  del  pensiero
astratto,   di   concettualizzare   informazioni    ed    esecuzione,
disorganizzazione comportamentale sono i  concreti  aspetti  negativi
legati al deterioramento mentale confermato anche tra l'altro da  una
TAC encefalo del 26.11.05 annoverata dallo specialista  psichiatrico,
ausiliario del CTU; 
        che,  stante  il  perdurare  della  malattia,  il   difensore
dell'imputata  sollevava  questione  pregiudiziale  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 159 c.p.  nella  parte  in  cui  prevede  la
sospensione del corso della prescrizione,  anche  in  presenza  delle
condizioni di cui agli artt. 71 e 72 c.p.p.,  laddove  sia  accertata
l'irreversibile   incapacita'   derivante   da   infermita'   mentale
dell'imputata di partecipare coscientemente al processo  e  cio'  per
ritenuto contrasto con gli artt. 3, 24,  27  comma  3°  e  111  della
Costituzione; 
        che il P.M. si rimetteva alla Giustizia, mentre la difesa  di
parte civile si opponeva ed in subordine si rimetteva alla  decisione
del giudice. 
    2 - Il remittente,  ritenendo  la  questione  non  manifestamente
infondata, la solleva, a sua volta, innanzi a codesta  Ill.ma  Corte,
nei termini e per i motivi sotto indicati. 
    3 - La esposta vicenda processuale evidenzia  che  l'imputata  e'
affetta da «grave decadimento cerebrale su base organico  vascolare»,
patologia cronica, irreversibile e non emendabile che la rendono  dei
tutto incapace anche per il futuro di partecipare  coscientemente  al
processo. 
    Ne'    sussistono     ragionevoli     motivi     per     dubitare
dell'attendibilita'  dei  certificati  medici  e  della   valutazione
espressa dal perito di ufficio dott. O.  L.  sull'obiettiva  gravita'
delle    condizioni    dell'imputata    in    considerazione    della
professionalita' ed esperienza di tale perito. 
    Ne consegue che appare altamente improbabile che l'imputata possa
riacquistare in futuro la capacita' processuale, sia per la  gravita'
della patologia, sia per  il  tempo  gia'  trascorso  in  assenza  di
qualsiasi   cambiamento   positivo   delle   condizioni   patologiche
accertate. 
    Tuttavia, periodicamente, come prevede la legge, verrebbe a  deve
celebrarsi un dibattimento per una vicenda di cui si conosce a priori
che non sussiste alcuna possibilita' di  definizione,  in  quanto  in
base agli accertamenti medici risulta definitivamente  acclarato  che
l'imputata non ha margini di miglioramento. 
    Inoltre, dovendosi  sottoporre  l'imputata  a  periodiche  visite
mediche vengono  sostenute  spese  a  carico  dell'Erario  di  alcuna
utilita'. 
    Nel contempo sono trascorsi quasi dieci  anni  dalla  commissione
del reato. 
    Infatti, il contestato delitto di danneggiamento ex art. 635 c.p.
e' stato commesso il 24 giugno 2004, per cui, qualora non fosse stata
disposta la sospensione del processo ai sensi dell'art. 70 c.p.p. per
l'accertata  patologia,  il  reato  risulterebbe  gia'  estinto   per
prescrizione, ai sensi dell'art. 159 c.p.,  essendo  gia'  ampiamente
decorso il  termine  prescrizionale  di  anni  sette  e  mezzo  dalla
commissione del reato. 
    Tale circostanza  fa  ritenere  rilevante  e  non  manifestamente
Infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  159
c.p., nella parte in cui  prevede  la  sospensione  del  corso  della
prescrizione, anche in presenza delle condizioni di cui agli artt. 71
e  72  c.p.p.,  laddove  sia  accertata  l'irreversibile  incapacita'
derivante  da  infermita'  mentale   dell'imputata   di   partecipare
coscientemente al processo, e cio' per contrasto con gli artt. 3,  24
e 111 comma 2 della Costituzione. 
    4 - In ordine alla rilevanza e' stato gia' evidenziato che se non
fosse intervenuta la sospensione  del  processo  con  la  conseguente
sospensione dei decorso della prescrizione il reato alla data odierna
sarebbe gia' prescritto. 
    Ne' appare ipotizzabile una  pronuncia  di  proscioglimento,  ne'
emerge dagli atti la possibilita' di non luogo  a  procedere,  ovvero
che siano utilmente esperibili mezzi di prova utili ai  fini  di  una
simile pronuncia. 
    Infatti, si tratta di patologia che appare essere insorta dopo la
commissione del fatto contestato, avendo il perito  asserito  di  non
essere in grado di retrodatare la comparsa della  patologia  rispetto
alla  documentazione   allegata   dalla   periziata,   documentazione
risalente al 17.11.05. 
    La questione appare, inoltre, non manifestamente  infondata  alla
luce dei principi costituzionali  di  eguaglianza  e  di  ragionevole
durata del processo. 
    5 - Questo giudice e' consapevole  che  la  Corte  Costituzionale
anche recentemente ha gia' esaminato la  medesima  questione  con  la
sentenza n. 23 del 14 febbraio  2013,  con  la  quale  ha  dichiarato
l'inammissibilita' della  questione  di  legittimita'  dell'art.  159
comma 1 codice penale. 
    Nella stessa decisione ha, pero', rilevato che sussiste una reale
anomalia insita nelle  norme  correlate  concernenti  la  sospensione
della prescrizione estintiva dei reati (art. 159, primo  comma,  cod.
pen.) e la sospensione del  processo  per  incapacita'  dell'imputato
(art. 71 e 72 cod. proc. pen.), poiche' consentono che,  qualora  sia
accertata (con le modalita' di cui all'art. 70 cod. pen.)  la  natura
irreversibile della infermita' mentale sopravvenuta al fatto, tale da
precludere la cosciente partecipazione al giudizio  dell'interessato,
si verifichi una situazione di pratica imprescrittibilita' del reato. 
    La  Corte  ha,  inoltre,  affermato  che  la  questione  non  era
risolvibile in sede di sindacato di  costituzionalita',  ma  che  non
sarebbe  stato   tollerabile   l'eccessivo   protrarsi   dell'inerzia
legislativa in ordine al grave problema individuato. 
    6 - Pur in presenza del monito  delta  Code  Costituzionale,  non
risulta che il legislatore si sia attivato  per  la  risoluzione  del
problema, per cui si reputa necessario  riproporre  la  questione  di
legittimita' costituzionale del citato articolo 159  comma  1  codice
penale, nella parte inerente la sospensione  della  prescrizione  nel
caso  di  sopravvenuta  patologia  irreversibile  dell'imputato,  per
contrasto dei citati articoli 3, 24 e 111 comma 2 della Costituzione. 
    7 - Infatti, l'art. 159 comma 1° cp, nella  parte  in  precedenza
richiamata,  appare  essere  in  contrasto  con   il   principio   di
uguaglianza stabilito dall'art. 3 Costituzione, sotto il  profilo  di
una irragionevole disparita' di trattamento tra l'imputato affetto da
patologia irreversibile, che non puo' usufruire della prescrizione, e
gli imputati che, non essendo  affetti  da  grave  malattia,  possono
beneficiare del decorso del  tempo  ed  essere  mandati  assolti  per
prescrizione del reato. 
    Quindi situazioni sostanzialmente identiche vengono  disciplinate
in modo ingiustificatamente diverso,  poiche'  l'imputato  sano  puo'
usufruire della prescrizione del reato dopo un determinato  lasso  di
tempo, mentre il prevenuto affetto da gravi irreversibili  patologie,
per un identico reato, non puo' ottenere tale beneficio. 
    8 - Viene violato anche il diritto di difesa, garantito dall'art.
24 comma 2 cp  Costituzione,  poiche'  l'imputato  affetto  da  gravi
malattie, anche se, a seguito di nuove scoperte dalla scienza medica,
fosse successivamente, dopo un lungo lasso di  tempo,  in  condizioni
fisiche per potere seguire coscientemente il processo, non sarebbe in
grado di potersi adeguatamente difendere. 
    Invero, la Corte Costituzionale con la sentenza  n.  470  del  22
ottobre 1990 ha ribadito il principio  secondo  il  quale  la  tutela
giurisdizionale, pur potendo essere disciplinata dal legislatore  con
modalita' particolari in relazione alle situazioni giuridiche  a  cui
si riferisce, deve essere sempre effettiva e la  sua  disciplina  non
puo' risolversi in suo sostanziale svuotamento. 
    Del resto il diritto alla tutela giurisdizionale ed il diritto di
difesa sono stati sempre  considerati  tra  i  principi  supremi  del
nostro  ordinamento  costituzionale,  in   cui   e'   intrinsecamente
connesso,  con  lo  stesso  principio   democratico,   l'obbligo   di
assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e
un giudizio. 
    9 - La predetta norma dell'art. 159 comma 1° cp, appare, inoltre,
in  contrasto  con  l'art.  111  comma  2  Costituzione  inerente  il
principio della ragionevole durata del processo, mutuato dall'art.  6
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali («ogni persona ha diritto ad una  equa  e
pubblica udienza entro un termine ragionevole»),  poiche'  l'imputato
affetto  da  malattia  irreversibile  resta  di  fatto  sottoposto  a
processo per tutta la vita. 
    La norma dell'art. 159 comma 1 cp gia' richiamata, che  di  fatto
determina «una situazione di pratica imprescrittibilita' del  reato»,
come rileva  la  Corte  Costituzionale  con  la  citata  sentenza  n.
23/1013, non trova alcuna razionale giustificazione, ne' risponde  ad
esigenze di effettivita' dei diritti  di  azione  e  di  difesa,  ne'
tantomeno di interessi razionalmente strutturati.